La storia del paralitico che giace da molti anni sul bordo della piscina aspettando di poter scendere nell'acqua al momento opportuno è la storia di ogni uomo. Un po' tutti siamo ciechi o paralitici o sordi o muti. Un po' tutti possiamo rapportarci all'uomo dalla mano rattrappita o all'idropico. La malattia o il limite appartengono alla nostra condizione umana. Gesù è il medico che sana e guarisce tutti. Gesù è il Dio che viene in aiuto della nostra debolezza. Gesù è colui che ha realizzato quanto le antiche scritture avevano previsto quando avevano parlato del pastore che porta gli agnellini sul petto e le pecore madri sulle spalle. Infinita ed indescrivibile è la sua bontà. Egli è compassionevole e misericordioso, lento all'ira e pieno di bontà, non lascia mai andare a mani vuote chi si avvicina a lui, supplicandolo e abbandonandosi alla sua volontà. Dal suo comportamento dobbiamo apprendere che, per essere "conformi" a lui, dobbiamo fare nostri i suoi paradigmi di bontà. Dobbiamo aprirci a soccorrere quanti appaiono ai nostri occhi, e nella storia del mondo, come bisognosi di aiuto. Di poveri, come diceva Gesù, ce ne sono tanti nel mondo. Non dobbiamo mai smettere di interessarci di loro. E' importante che nel povero, nell'ammalato, nell'indigente, noi sappiamo vedere Gesù ed impariamo a chinarci su tutti con la sua bontà. Non basta infatti dividere il proprio pane con l'affamato o il proprio abito con chi è nudo. Bisogna sapere condividere la propria condizione umana con l'altro come Gesù ha condiviso la sua natura divina con noi e ci ha arricchiti col dono di sé.
Il vero amore sta nel fare propria la povertà altrui
senza mai condannare o accusare chi avesse sbagliato.
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