Blog Religioso

Questo blog è rivolto a tutti quelli che hanno fame e sete di Dio



domenica 28 febbraio 2016

Il roveto ardente

Esodo 3,1-20


1Mentre Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l’Oreb.                                             
Mentre stava pascolando: Dio sa incontrarti nella vita di ogni giorno. “Lo straordinario” l’incontri nell’ordinario.
Oreb: è l’altro nome biblico del Sinai. Cfr. Es 33,6 e la visione del profeta Elia in 1Re 19,1-18.
Il deserto, fatto di silenzio, di solitudine, d’essenzialità, favorisce l’incontro con Dio.

2L’angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco dal mezzo di un roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva per il fuoco, ma quel roveto non si consumava.                         
L’angelo del Signore: qui, come anche altrove (cfr. Es 14,19; 23,23; 32,34), l’angelo indica il Signore stesso, come risulta dal v. 4 in poi.
Il fuocosegno teofanico ricorrente nella Bibbia e in altre religioni.
Il rovetopianta dolorosa, nella quale si rivela Dio, anticipa il mistero della CROCE, pianta dalla quale si ri-velerà un Dio che partecipa pienamente al nostro dolore, essendo fattosi carico del nostro peccato. La presenza di Dio “in mezzo a1 roveto” è, secondo l’interpretazione rabbinica, un’affermazione della vicinanza di Dio al suo Popolo nella sofferenza. Rashì, così commenta: «La Torà specifica la natura del cespuglio con uno scopo ben preciso, ossia d’insegnarci qualcosa che è implicito nelle caratteristiche del roveto. Dio, infatti, accompagna il popolo ebraico anche nei periodi più “spinosi” dell’esilio ed è partecipe delle pene dei suoi figli, come è scritto nel Salmo 91,15:“Io mi trovo con lui nella disgrazia”». Sempre sul rovo e il fuoco cfr. Gdc 9,14-15.
Il termine fiamma (in ebraico labbàt), deriva da lev = cuore, ad indicare la parte più interiore, il cuore del fuoco. La manifestazione di Dio all’interno del roveto ardente proclama questa grande verità: «Non vi è luogo al mondo in cui la Shekhinà non si trovi, poiché Egli parlò con Mosè persino dal roveto ardente» (Bemidbàr Rabbà 12,4).

3Mosè pensò: “Voglio avvicinarmi a osservare questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?”.                                                                                                                                                        
La curiosità, come desiderio di sapere, può essere l’inizio della conoscenza di Dio.

4Il Signore vide che si era avvicinato per guardare; Dio gridò a lui dal roveto: “Mosè, Mosè!”. Rispose: “Eccomi!”.                                                                                                                                     
Dio ci conosce personalmente e ci chiama per nome.
Eccomi!: L’espressione indica la più totale prontezza nell’eseguire la volontà di Colui dal quale si viene convocati (cfr. Gen 22,11; Is 7,8; Sal 40,8).

5Riprese: “Non avvicinarti oltre! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è suolo santo!”.                                                                                                                                                
Togliti i sandali!”: a differenza di Adamo, accetta la tua nudità! Accetta i tuoi limiti davanti a Dio e agli altri (cfr. Gen 3,11-12).
Terra santaè la presenza di Dio a rendere santo il luogo e ogni luogo dove Egli s’incontra con l’uomo (cfr. Gv 4,20-24; e in Lc 1,8-9 l’annunciazione a Zaccaria e in Lc 1,26 l’annunciazione a Maria).

6E disse: “Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe”. Mosè allora si coprì il volto, perché aveva paura di guardare verso Dio.                
Il Dio di Abramo: In Mt 22,32, Gesù cita quest’autorivelazione di JHWH, per affermare che Dio è Signore della storia, è “il Dio dei viventi”.
Il coprirsi il volto da parte di Mosè sottolinea la trascendenza di Dio.
La pauraè la naturale reazione umana di fronte al divino, a ciò che ci trascende.

7Il Signore, יהוה disse: “Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze.     
יהוה, Hashèm, il Nome, viene impiegato in questo versetto del brano perché in esso si fa menzione della misericordia divina.Il tetragramma, infatti, indica tale attributo di Dio, mentre Elo-him indica la sua giustizia, e Shaddày la potenza di Dio sulla natura.
Dio è compassionevole: si accorge della miseria “oggettiva” del suo Popolo perciò fa sì che ogni lamento che nasce dallamiseria “soggettiva si cambi in efficace preghiera.

8Sono sceso per liberarlo dal potere dell’Egitto e per farlo salire da questa terra verso una terra bella e spaziosa, verso una terra dove scorrono latte e miele, verso il luogo dove si trovano il Cananeo, l’Ittita, l’Amorreo, il Perizzita, l’Eveo, il Gebuseo.                           
Sono sceso: scendere è il verbo dell’Incarnazione, soprattutto secondo l’evangelista Giovanni.
La liberazione è il perché dell’intervento di Dio.
Salire = Uscire: è l’Esodo per la salvezza.
Una terra dove scorrono latte e miele”: espressione ricorrente per indicare la fertilità di Canaan, terra promessa ad Abramo (cfr. Gen 12,4-7). Una fertilità che, a differenza di quella dell’Egitto, dipende tutta dalla provvidenza di Dio.


9Ecco, il grido degli Israeliti è arrivato fino a me e io stesso ho visto come gli Egiziani li opprimono. 10Perciò va’! Io ti mando dal faraone. Fa’ uscire dall’Egitto il mio popolo, gli Israeliti!”.
Mosè riceve una chiamata per una missione, egli è chiamato ad essere collaboratore di Dio, a servire i fratelli in nome di Dio.

11Mosè disse a Dio: “Chi sono io per andare dal faraone e far uscire gli Israeliti dall’Egitto?”. 12Rispose: Io sarò con te. Questo sarà per te il segno che io ti ho mandato: quando tu avrai fatto uscire il popolo dall’Egitto,servirete Dio su questo monte”.           
Il servizio a Dio è segno che è veramente cessata la schiavitù agli Egiziani.

13Mosè disse a Dio: “Ecco, io vado dagli Israeliti e dico loro: “Il Dio dei vostri padri mi ha mandato a voi”. Mi diranno: “Qual è il suo nome?”. E io che cosa risponderò loro?”. 14Dio disse a Mosè: “Io sono colui che sono!”.                                                                                    
Secondo una etimologia popolare, il tetragramma sacro, cioè le quattro consonanti ebraiche יהוה YHWH con le quali è indicato il Nome di Dio, viene spiegato con l’accostamento al verbo “essere” (hayah) . Il significato di questo verbo, però, non va inteso tanto come una definizione filosofica di Dio: “Colui che ha l’essere per essenza”, ma come un “essere per”. Dio è colui che si rende “presente a”, che è “in favore di”. Non dobbiamo, dunque, intendere la risposta di Dio in senso filosofico, ma esistenziale e storico. Dio è colui che si è coinvolto con la storia del Popolo di Abramo. È l’affermazione dell’Alleanza: JHWH è sempre presente accanto ad Israele, come ha detto di stare sempre con Mosè.

E aggiunse: “Così dirai agli Israeliti: Io-Sono mi ha mandato a voi”. 15Dio disse ancora a Mosè: “Dirai agli Israeliti: “יהוה, il Signore, Dio dei vostri padri, Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe, mi ha mandato a voi”. Questo è il mio nome per sempre; questo è il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione.                                                              
יהוה, il Signore: la pronunzia esatta del tetragramma sacro non è giunta fino a noi. A partire dal periodo del secondo tempio, il nome di Dio non venne più pronunciato, a motivo della sua santità, e venne sostituito probabilmente dal termine Adonay (in greco Kyrios, che significa Signore).
La “Presenza” passa accanto, anzi dentro la storia di persone ben determinate: Abramo, Isacco, Giacobbe.

16Va’! Riunisci gli anziani d’Israele e di’ loro: “Il Signore, Dio dei vostri padri, Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, mi è apparso per dirmi: Sono venuto a visitarvi e vedere ciò che viene fatto a voi in Egitto. 17E ho detto: Vi farò salire dalla umiliazione [dalla schiavitù] dell’Egitto verso la terra del Cananeo, dell’Ittita, dell’Amorreo, del Perizzita, dell’Eveo e del Gebuseo, verso una terra dove scorrono latte e miele”.
Lista di sei popoli abitanti in Canaan prima dell’ingresso d’Israele; (in Dt 7,1 diventano sette con l’aggiunta dei Gergesei).

18Essi ascolteranno la tua voce, e tu e gli anziani d’Israele andrete dal re d’Egitto e gli direte: “Il Signore, Dio degli Ebrei, si è presentato a noi. Ci sia permesso di andare nel deserto, a tre giorni di cammino, per fare un sacrificio al Signore, nostro Dio”.                                                    
Il Dio degli Ebrei: Il termine ebreo, in ebraico ‘ivrì deriva da èver hannàhar = al di là del fiume (Eufrate).
Tre giorni: rimando al simbolismo della Pasqua di Cristo.

19Io so che il re d’Egitto non vi permetterà di partire, se non con l’intervento di una mano forte. 20Stenderò dunque la mano e colpirò l’Egitto con tutti i prodigi che opererò in mezzo ad esso, dopo di che egli vi lascerà andare.                                                                                            





Nessun commento:

Posta un commento