Blog Religioso

Questo blog è rivolto a tutti quelli che hanno fame e sete di Dio



giovedì 28 aprile 2016

Siate misericordiosi

 Quando noi diciamo che Dio è misericordioso, quasi sempre pensiamo ad un rapporto esclusivo, unilaterale, discendente: da Dio verso di noi. Noi pecchiamo e Lui ci perdona. Noi abbandoniamo la sua Casa e Lui ci attende. Noi bussiamo alla sua porta e Lui ci apre. Noi chiediamo e Lui ci dona. Ci dimentichiamo che noi siamo stati creati ad immagine e a somiglianza della sua carità, della sua misericordia, del suo amore.

La misericordia ricevuta deve trasformarsi all’istante in misericordia offerta, donata, elargita. La carità con la quale il Signore copre i nostri peccati deve divenire subito carità con la quale noi copriamo i peccati dei fratelli. L’amore con il quale Dio ci eleva all’altissima dignità di farci suoi figli di adozione e partecipi della sua divina natura, deve essere prontamente messo in campo per dare dignità umana, di vera fratellanza ad ogni altro uomo, di qualsiasi razza o nazione, di qualsiasi lingua o tribù.

La misericordia discendente deve esse essere misericordia ascendente. La carità ricevuta dovrà farsi perennemente carità donata. L’amore che ci trasforma dovrà divenire amore trasformante ogni uomo. Senza questa reciprocità non siamo nella misericordia, perché non viviamo ad immagine e a somiglianza del Padre nostro celeste. Accogliamo, ma non doniamo. Riceviamo, ma non elargiamo. Ci lasciamo avvolgere, ma non avvogliamo. Chiediamo perdono, ma non lo doniamo. Vogliamo essere accolti da Dio, ma non accogliamo i fratelli.

Non solo Dio ci ha creati a sua immagine e somiglianza, ci ha anche costituiti nel mondo per fare le sue veci. Per essere noi sempre creatori al suo posto, misericordiosi al suo posto, pieni di carità al suo posto, elargitori di ogni bene al suo posto. È come se ci avesse fatto se stesso per rivelare ad ogni creatura tutto se stesso. Se noi diciamo che Dio è misericordioso, dobbiamo storicamente manifestare, rivelare la sua misericordia. La si può rivelare in un solo modo: non dicendola, non chiedendola, non desiderandola, ma donandola noi, elargendola noi, offrendola noi, creandola noi in ogni cuore. Siamo noi i creatori della misericordia divina nel mondo, sulla terra.

Ed egli, alzàti gli occhi verso i suoi discepoli, diceva: Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e sarete perdonati. Date e vi sarà dato: una misura buona, pigiata, colma e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con la quale misurate, sarà misurato a voi in cambio».

La prima misericordia è nell’esercizio del non giudizio, della non condanna, del perdono sempre. Chi giudica, chi condanna, chi non perdona si esclude della misericordia di Dio. Da Lui sarà giudicato, condannato, non perdonato. Il Dio spietato che Lui ha mostrato è lo stesso Dio dinanzi al quale lui sempre verrà a trovarsi. È come se ognuno di noi si dovesse “creare” se stesso. Chi crea se stesso – sempre per grazia del Signore e per l’azione del suo Santo Spirito – persona misericordiosa, pietosa, pronta al perdono, ricca di grazia e di bontà, avrà dinanzi a sé sempre un Dio misericordioso, pietoso, ricco di grazia e di bontà. Avrà un Dio che lo perdonerà, lo amerà, non lo giudicherà. Lo rivestirà della sua eternità beata.

Chi invece avrà “creato” se stesso persona spietata, senza alcuna misericordia, avrà dinanzi a sé un Dio senza alcuna misericordia. Dio è fedele ad ogni sua Parola. Lo ha detto e lo manterrà per l’eternità. Ecco perché Gesù ci invita ad essere larghi, molto larghi nella misericordia. Se noi siamo larghi, Dio sarà larghissimo. Lui verserà nel nostro grembo una misura buona, pigiata, colma e traboccante. Lui moltiplicherà sempre quello che noi diamo ai nostri fratelli. Non solo lo moltiplica, lo centuplica, addirittura lo rende di una misura eterna, dal momento che per la nostra misericordia ci dona il suo regno eterno, la sua vita eterna, il suo Paradiso, ci dona se stesso, ci dona il Figlio e lo Spirito Santo. Tutto ci dona Dio, se noi siamo misericordiosi verso i nostri fratelli. Un atto di misericordia ci libera dalla morte e ci dona Dio, tutto Dio.

Vergine Maria, Madre della Redenzione, Angeli, Santi, fateci ricchi di misericordia.
 
 
 
 

martedì 19 aprile 2016

Discernere la chiamata di Dio

Padre, come si fa a  capire se un ragazzo ha davvero una vocazione?

“Ci sono alcune fasi importanti nella pastorale giovanile vocazionale. La prima fase, che secondo me è la più difficile, quella più difficile per tutti, è contattare i giovani, perché sono davvero un po’ lontani dalla Chiesa. E per questo primo approccio bisogna aiutare le congregazioni, i parroci. Mi rendo conto che molte congregazioni di religiosi non riescono a risolvere questo punto. Se ci aspettiamo che i giovani bussino alla porta, aspettiamo invano, sarebbe chiedere allo Spirito Santo di fare un grandissimo miracolo.”


Il problema è quindi dove e come incontrare i giovani?


 “Io cerco di incontrarli in ambienti propizi, come gruppi di preghiera, in particolare quelli mariani  che hanno una forte spiritualità. Ho visto che in questi ambienti si possono trovare quei giovani che, o per una conversione o per un cammino più lungo, sono più aperti a ricercare la volontà di Dio. E poi ci sono anche gli oratori, soprattutto al nord Italia. E comunque dipende molto dai sacerdoti che sono purtroppo sempre meno. E poi ci sono i gruppi legati ai vari movimenti, dai focolarini ai neocatecumenali. Insomma tutti gli ambiti che propongono una vita cristiana. E nelle parrocchie dove c’è una buona testimonianza “siamo a posto”. Per fortuna ci sono dei bravissimi sacerdoti. Io giro tutta Italia e faccio 90 mila chilometri l’anno. Dove c’è un ambiente favorevole, un ambiente di preghiera, la vocazione fiorisce. Certo il seme della vocazione lo mette il Signore, però il seme deve essere coltivato. Quindi l’esempio di sacerdoti e religiosi è fondamentale.”


Padre, ma come si può definire una vocazione?


“Partiamo dal fatto che la vocazione non è una scelta, ma è una risposta. La chiamata viene da Dio, io scelgo di rispondere. Da qui ho tracciato un metodo costruito poco a poco camminando con i ragazzi, incontrando tante realtà. A volte incontro un ragazzo che mi dice: “ Padre Giuseppe sento che il Signore mi sta chiamando, voglio fare un cammino spirituale per capire la volontà di Dio, voglio chiarire”. A volte io vedo già che c’è la chiamata, ma loro ancora no. Allora cerco di accompagnarli, li aiuto ad arrivarci.”


Allora ci spieghi quali sono i punti del “metodo”.


“Per prima cosa bisogna creare un clima di amicizia, in cui i ragazzi vedono l’interesse al loro bene, l’amicizia e la fiducia sono fondamentali. Ma non in modo superficiale o cameratesco, non serve andare a prendere una birra insieme. Piuttosto vado con loro a recitare un rosario in un santuario particolare.”


E poi?


“E poi la direzione spirituale costante. Questo è un punto difficile. Alcuni giovani mi dicono  che si incontrano ogni due, tre mesi con il loro direttore spirituale. Troppo poco. Magari meglio ogni due tre settimane. E poi dipende anche dall’età.”


Fate anche esperienza di comunità?


“Certo. Servono momenti conviviali significativi. Ad esempio un fine settimana in una comunità. Nel nostro noviziato ci sono 28 ragazzi dai 18 ai 30 anni e quindi è facile creare una bella atmosfera. Certo nelle comunità anziane è ben più difficile. Così posso anche far capire ai giovani la bellezza di questa vita comunitaria, e poi i giovani attirano giovani. Così si lavora in gruppo, e anche le cose quotidiane più semplici, dalla cucina alla lavanderia, alla preghiera comune, sono esempi. Io dico sempre: falli entrare in casa e falli sentire a casa loro.”


Un metodo che può essere “esportato“ facilmente?


“A volte in alcune comunità però manca un gruppo di giovani suore o sacerdoti che si dedichino al discernimento vocazionale. Non c’è una vera accoglienza, semmai si passa un periodo in una comunità, ma senza nessuno che si occupa dei ragazzi. Io cerco invece di far fare un’esperienza significativa di comunità, in ogni parte della vita, dalla liturgia allo sport. E alla fine della giornata i giovani che magari normalmente vivono delle giornate un po’ vuote, invece si ritrovano a fare tanto in una giornata sola. Vedono sorrisi, incontrano e parlano. Allora magari chi ancora non pensa alla vocazione ha degli elementi oggettivi su cui riflettere. Riflessioni che poi ritrovo negli incontri per la direzione spirituale. E su questo dialogo si costruisce. Poi ci sono dei  momenti più intensi, più lunghi come le vacanze estive o a Natale, Pasqua. In tre o quattro giorni si imposta un programma più completo.”


E come si arriva ad un corso di discernimento vocazionale vero e proprio, per capire la volontà di Dio nella propria vita, se si è chiamati ad una vita matrimoniale o di consacrazione?


“Normalmente una vocazione può maturare in un paio d’anni. Nel primo anno metto le basi e nel secondo anno arrivo ad una conclusione, non si rimane in discernimento per anni ed anni. In estate faccio un corso che dura un mese per vedere e per agire, si deve arrivare ad una decisione: entrare o no in seminario. Seguendo tre principi: conoscere, amare, seguire. Tutto è impostato su questo. Nessuno ama chi non conosce, nessuno segue chi non ama. Tutto riferito a Gesù. Naturalmente la proposta del corso vocazionale la faccio ai ragazzi che durante l’anno mi hanno fatto capire che stanno arrivando ad una decisione. Se no propongo delle alternative, magari una esperienza missionaria. Cerco di capire quando sono davvero pronti per evitare anche delusioni e illusioni.”


E l’apostolato, la pastorale sul campo?


“Naturalmente  si fanno delle esperienze di apostolato che aprono gli orizzonti. Per esempio facciamo la raccolta alimentare e diverse attività caritative.”


Ma cosa frena maggiormente i giovani a rispondere alla vocazione?


“Uno scoglio che è davvero impensato è l’accettazione delle famiglie. Non tutti riescono a parlarne ai genitori. Ricevo delle e-mail dai ragazzi che spesso mi chiedono: come faccio a dirlo a casa perché i miei non credono? E il dramma che ha un giovane di vivere in una famiglia in cui la vocazione non viene accettata è forte.

C’è poi il problema della fragilità dei giovani che hanno una insicurezza di base totale. Per questo chiedono sempre dei segni, delle certezze. Del resto in un mondo in cui regna l’insicurezza dal lavoro alla famiglia che non è più stabile, i ragazzi hanno molta paura di sbagliare  e cercano sempre i segni del cammino.

Se la vocazione è una risposta, e non una scelta, il primo interessato a farci capire la domanda e ad aiutarci a dare la risposta, è proprio il Signore. Ho già scritto un libro che si intitola Mandami una mail, e sto pensando di farne un altro A modo suo, in cui vorrei analizzare la chiamata vocazionale da un punto di vista delle virtù teologali. Soprattutto la Speranza, per dire ai ragazzi, che è nel Signore la mia Speranza.

E c’è poi da superare l’idea che non serve un metodo per il discernimento, che la chiarezza arriverà prima o poi. Io invece dico che bisogna fissare delle scadenze. Un po’ come si fa per un piano di studio. Bisogna essere concreti. A volte sacerdoti e suore non sanno essere concreti.”

Ma quale è il sistema migliore per iniziare un vero cammino?

“Sempre partire da una buona guida spirituale che sappia cosa fare. Io ho avuto la Grazia di poter organizzare un percorso con l’aiuto di molti miei confratelli, molto concreto.

In un accompagnamento spirituale la prima preoccupazione è imparare a pregare per capire cosa vuole dire il Signore, quindi Adorazione Eucaristica e Rosario, molto semplicemente, e vita sacramentale.

Per me poi è molto importante la conoscenza personale. E accompagno anche i ragazzi che hanno seguito la vocazione del matrimonio. Ho sposato molti di loro e li accompagno in un cammino cristiano. Ed ho un incontro mensile con le coppie che seguo. Del resto è da una famiglia cristiana che nascono belle vocazioni.”

Sul sito che padre Giuseppe gestisce con sensibilità e semplicità, ci sono anche le “pillole di discernimento”, i video, le testimonianze, i racconti, le proposte. Manca solo una frase che però padre Gamelli ama ricordare: “Ho fatto un contratto con Maria. Ho detto alla Madonna: io sono un asino che non sa far niente,  ma se arriviamo a 100 sacerdoti,  poi mi farò un po’ di Purgatorio, però poi mi fai uno sconto, mi mandi in Cielo perché avrò finito di lavorare.”
Il “metodo” è fatto proprio di slancio e fiducia.   


                      

GESÙ È IL BUON PASTORE CHE CI CHIAMA PER NOME

Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza». Il buon pastore chiama le sue pecore, ciascuna per nome. Non l'anonimato del gregge, ma nella sua bocca il mio nome proprio, il nome dell'affetto, dell'unicità, dell'intimità, pronunciato come nessun altro sa fare. Sa che il mio nome è «creatura che ha bisogno». Ad esso lui sa e vuole rispondere. E le conduce fuori. Il nostro non è un Dio dei recinti chiusi ma degli spazi aperti, pastore di libertà e di fiducia. E cammina davanti ad esse. Non un pastore di retroguardie, ma una guida che apre cammini e inventa strade, è davanti e non alle spalle. Non un pastore che pungola, incalza, rimprovera per farsi seguire ma uno che precede, e seduce con il suo andare, affascina con il suo esempio: pastore di futuro. Io sono la porta, Cristo è passaggio, apertura, porta spalancata che si apre sulla terra dell'amore leale, più forte della morte (chi entra attraverso di me si troverà in salvo); più forte di tutte le prigioni (potrà entrare e uscire), dove si placa tutta la fame e la sete della storia (troverà pascolo). E poi la conclusione: Sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza. Non solo la vita necessaria, non solo la vita indispensabile, non solo quel respiro, quel minimo senza il quale la vita non è vita, ma la vita esuberante, magnifica, eccessiva, vita che di rompe gli argini e sconfina, uno scialo di vita. Così è nella Bibbia: manna non per un giorno ma per quarant'anni nel deserto, pane per cinquemila persone, carezza per i bambini, pelle di primavera per dieci lebbrosi, pietra rotolata via per Lazzaro, cento fratelli per chi ha lasciato la casa, perdono per settanta volte sette, vaso di nardo per 300 denari sui piedi di Gesù In una piccola parola è sintetizzato ciò che oppone Gesù, il pastore vero, a tutti gli altri, ciò che rende incompatibili il pastore e il ladro. La parola immensa e breve è «vita». Cuore del Vangelo. Parola indimenticabile. Vocazione di Dio e vocazione dell'uomo. «Non ci interessa un divino che non faccia anche fiorire l'umano. Un Dio cui non corrisponda il rigoglio dell'umano non merita che ad esso ci dedichiamo». Pienezza dell'umano è il divino in noi, diventare figli di Dio: i quali non da sangue, non da carne, ma da Dio sono nati (cfr. Gv 1, 13). Diventare consapevoli di ciò che già siamo, figli, e non c'è parola che abbia più vita dentro; realizzarlo in pienezza. E questo significa diventare anch'io pastore di vita per il piccolo, per il pur minimo gregge (la mia famiglia, la mia comunità, gli amici, cento persone con nome e volto) che Lui ha affidato alle mie cure. Vocazione di Cristo e dell'uomo è di essere nella vita datori di vita. (Letture: Atti 2,14.36-41; Salmo 22; 1 Pietro 2,20b-25; Giovanni 10,1-10)


mercoledì 13 aprile 2016

PREGHIERA PER OTTENERE LO SPIRITO SANTO

Risultati immagini per spirito santo
Eterno Padre, in nome di Gesù Cristo
e per i meriti di Maria Vergine Immacolata
mandami lo Spirito Santo.

Vieni, Spirito Santo nel mio cuore e santificalo.
Vieni, Padre dei poveri, e sollevami.
Vieni, Autore d'ogni bene e consolami.
Vieni, Luce delle menti, e illuminami.
Vieni, Consolatore delle anime, e confortami.
Vieni, dolce Ospite dei cuori, e non partire da me.
Vieni, vero Refrigerio di mia vita, e ristorami.

Tre Gloria.

Spirito Santo, eterno Amore.
Vieni a noi coi tuoi ardori.
Vieni, infiamma i nostri cuori.


Eterno Padre, in nome di Gesù Cristo
e per i meriti di Maria Vergine Immacolata
mandami lo Spirito Santo.

Spirito Santo, Dio d'infinita carità dammi il tuo santo amore.
Spirito Santo, Dio delle virtù convertimi.
Spirito Santo, Fonte di celesti lumi dissipa la mia ignoranza.
Spirito Santo, Autore della vera pace, riposa nel mio cuore.
Spirito Santo, Dio d'infinita purezza, santifica l'anima mia.
Spirito Santo, Dio di ogni felicità comunicati al mio cuore.
Spirito Santo, Amore sostanziale del Padre e del Figliuolo,
fai dimora presso di me.

Tre Gloria.

Spirito Santo, eterno Amore.
Vieni a noi coi tuoi ardori.
Vieni, infiamma i nostri cuori.


Eterno Padre, in nome di Gesù Cristo
e per i meriti di Maria Vergine Immacolata
mandami lo Spirito Santo.

Vieni, Spirito Santo, e dammi il dono della Sapienza.
Vieni, Spirito Santo, e dammi il dono dell'Intelletto.
Vieni, Spirito Santo, e dammi il dono del Consiglio.
Vieni, Spirito Santo, e dammi il dono della Fortezza.
Vieni, Spirito Santo, e dammi il dono della Scienza.
Vieni, Spirito Santo, e dammi il dono della Pietà.
Vieni, Spirito Santo, e dammi il dono del Santo Timore di Dio.

Tre Gloria.

Spirito Santo, eterno Amore.
Vieni a noi coi tuoi ardori.
Vieni, infiamma i nostri cuori.

O SPIRITO SANTO, ANIMA DELL’ANIMA MIA,
IO TI AODRO, ILLUMINAMI, GUIDAMI,
FORTIFICAMI, CONSOLAMI, INSEGNAMI
CIO’ CHE DEVO FARE, DAMMI I TUOI ORDINI.
TI PROMETTO DI SOTTOMETTERMI
A TUTTO CIO’ CHE PERMETTERAI MI ACCADA:
FAMMI SOLO CONOSCERE LA TUA VOLONTA’.



La fede nasce dall’incontro con Dio che ci chiama

La fede in Dio che è Amore è la fonte da cui solo può scaturire la luce e la forza per ogni risposta che la quotidianità pone sul nostro cammino verso la Vita vera. 
La fede deriva dalla fiducia nella persona in cui si confida; e questo di nuovo dipende dalla conoscenza che si ha di questa persona stessa. In questo senso la fede può essere grande o piccola, debole o forte. Alcuni credenti non arrivano neppure ad avere fiducia che Dio possa provvedere ad un loro pasto; altri possono guardare a Lui, senza titubare, perché Egli nutra mille bocche affamate o converta mille peccatori. La nostra fede, in questo senso, dipende interamente dalla nostra conoscenza di Dio e dalla nostra comunione con Lui.
La fede è generata da Dio, ossia dal Padre (Rom. 12:3), dal Figlio, Gesù (Ebr. 12:2) e dallo Spirito Santo (1 Cor. 12:4,8,9). La fede è dunque ottenuta quale risultato della potenza e dell'opera di grazia di Dio.
La fede nasce nell'uomo ascoltando la Parola di Dio e serbandola nel cuore (Rom. 10:17).
Avere fede significa credere alla testimonianza di Dio con la stessa semplicità e certezza con cui prestiamo fede alla parola di nostro padre o di un nostro caro amico: « Se accettiamo la testimonianza degli uomini, la testimonianza di Dio è maggiore » (1 Giov. 5:9).

mercoledì 6 aprile 2016

Messaggio del Papa per le vocazioni


Cari fratelli e sorelle,

come vorrei che, nel corso del Giubileo Straordinario della Misericordia, tutti i battezzati potessero sperimentare la gioia di appartenere alla Chiesa! E potessero riscoprire che la vocazione cristiana, così come le vocazioni particolari, nascono in seno al popolo di Dio e sono doni della divina misericordia. La Chiesa è la casa della misericordia, ed è la “terra” dove la vocazione germoglia, cresce e porta frutto.

Per questo motivo invito tutti voi, in occasione di questa 53ª Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, a contemplare la comunità apostolica, e a ringraziare per il ruolo della comunità nel cammino vocazionale di ciascuno. Nella Bolla di indizione del Giubileo Straordinario della Misericordia ho ricordato le parole di san Beda il Venerabile, riferite alla vocazione di san Matteo: «Miserando atque eligendo» (Misericordiae Vultus, 8). L’azione misericordiosa del Signore perdona i nostri peccati e ci apre alla vita nuova che si concretizza nella chiamata alla sequela e alla missione. Ogni vocazione nella Chiesa ha la sua origine nello sguardo compassionevole di Gesù. La conversione e la vocazione sono come due facce della stessa medaglia e si richiamano continuamente in tutta la vita del discepolo missionario.

Il beato Paolo VI, nell’Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi, ha descritto i passi del processo dell’evangelizzazione. Uno di essi è l’adesione alla comunità cristiana (cfr n. 23), quella comunità da cui ha ricevuto la testimonianza della fede e la proclamazione esplicita della misericordia del Signore. Questa incorporazione comunitaria comprende tutta la ricchezza della vita ecclesiale, particolarmente i Sacramenti. E la Chiesa non è solo un luogo in cui si crede, ma è anche oggetto della nostra fede; per questo nelCredo diciamo: «Credo la Chiesa».

La chiamata di Dio avviene attraverso la mediazione comunitaria. Dio ci chiama a far parte della Chiesa e, dopo una certa maturazione in essa, ci dona una vocazione specifica. Il cammino vocazionale si fa insieme ai fratelli e alle sorelle che il Signore ci dona: è una con-vocazione. Il dinamismo ecclesiale della chiamata è un antidoto all’indifferenza e all’individualismo. Stabilisce quella comunione nella quale l’indifferenza è stata vinta dall’amore, perché esige che noi usciamo da noi stessi ponendo la nostra esistenza al servizio del disegno di Dio e facendo nostra la situazione storica del suo popolo santo.

In questa Giornata, dedicata alla preghiera per le vocazioni, desidero esortare tutti i fedeli ad assumersi le loro responsabilità nella cura e nel discernimento vocazionale. Quando gli apostoli cercavano uno che prendesse il posto di Giuda Iscariota, san Pietro radunò centoventi fratelli (cfr At 1,15); e per la scelta dei sette diaconi, fu convocato il gruppo dei discepoli (cfr At 6,2). San Paolo dà a Tito criteri specifici per la scelta dei presbiteri (Tt 1,5-9). Anche oggi, la comunità cristiana è sempre presente nel germogliare delle vocazioni, nella loro formazione e nella loro perseveranza (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 107).

La vocazione nasce nella Chiesa. Fin dal sorgere di una vocazione è necessario un adeguato “senso” della Chiesa. Nessuno è chiamato esclusivamente per una determinata regione, né per un gruppo o movimento ecclesiale, ma per la Chiesa e per il mondo. «Un chiaro segno dell’autenticità di un carisma è la sua ecclesialità, la sua capacità di integrarsi armonicamente nella vita del Popolo santo di Dio per il bene di tutti» (ibid.,130). Rispondendo alla chiamata di Dio, il giovane vede espandersi il proprio orizzonte ecclesiale, può considerare i molteplici carismi e compiere così un discernimento più obiettivo. La comunità diventa, in questo modo, la casa e la famiglia dove nasce la vocazione. Il candidato contempla grato questa mediazione comunitaria come elemento irrinunciabile per il suo futuro. Impara a conoscere e amare fratelli e sorelle che percorrono cammini diversi dal suo; e questi vincoli rafforzano in tutti la comunione.

La vocazione cresce nella Chiesa. Durante il processo di formazione, i candidati alle diverse vocazioni hanno bisogno di conoscere sempre meglio la comunità ecclesiale, superando la visione limitata che tutti abbiamo all’inizio. A tale scopo è opportuno fare qualche esperienza apostolica insieme ad altri membri della comunità, per esempio: accanto ad un buon catechista comunicare il messaggio cristiano; sperimentare l’evangelizzazione delle periferie insieme ad una comunità religiosa; scoprire il tesoro della contemplazione condividendo la vita di clausura; conoscere meglio la missione ad gentes a contatto con i missionari; e con i preti diocesani approfondire l’esperienza della pastorale nella parrocchia e nella diocesi. Per quelli che sono già in formazione, la comunità ecclesiale rimane sempre l’ambito educativo fondamentale, verso cui si sente gratitudine.

La vocazione è sostenuta dalla Chiesa. Dopo l’impegno definitivo, il cammino vocazionale nella Chiesa non finisce, ma continua nella disponibilità al servizio, nella perseveranza, nella formazione permanente. Chi ha consacrato la propria vita al Signore è disposto a servire la Chiesa dove essa ne abbia bisogno. La missione di Paolo e Barnaba è un esempio di questa disponibilità ecclesiale. Inviati in missione dallo Spirito Santo e dalla comunità di Antiochia (cfr At 13,1-4), ritornarono alla stessa comunità e raccontarono quello che il Signore aveva fatto per mezzo loro (cfr At 14,27). I missionari sono accompagnati e sostenuti dalla comunità cristiana, che rimane un riferimento vitale, come la patria visibile che offre sicurezza a quelli che compiono il pellegrinaggio verso la vita eterna.

Tra gli operatori pastorali rivestono una particolare importanza i sacerdoti. Mediante il loro ministero si fa presente la parola di Gesù, che ha detto: «Io sono la porta delle pecore […] Io sono il buon pastore»(Gv 10,7.11). La cura pastorale delle vocazioni è una parte fondamentale del loro ministero pastorale. I sacerdoti accompagnano coloro che sono alla ricerca della propria vocazione, come pure quanti già hanno offerto la vita al servizio di Dio e della comunità.

Tutti i fedeli sono chiamati a rendersi consapevoli del dinamismo ecclesiale della vocazione, perché le comunità di fede possano diventare, sull’esempio della Vergine Maria, seno materno che accoglie il dono dello Spirito Santo (cfr Lc 1,35-38). La maternità della Chiesa si esprime mediante la preghiera perseverante per le vocazioni e con l’azione educativa e di accompagnamento per quanti percepiscono la chiamata di Dio. Lo fa anche mediante un’accurata selezione dei candidati al ministero ordinato e alla vita consacrata. Infine, è madre delle vocazioni nel continuo sostegno di coloro che hanno consacrato la vita al servizio degli altri.

Chiediamo al Signore di concedere a tutte le persone che stanno compiendo un cammino vocazionale una profonda adesione alla Chiesa; e che lo Spirito Santo rafforzi nei Pastori e in tutti i fedeli la comunione, il discernimento e la paternità e maternità spirituale.

Padre di misericordia, che hai donato il tuo Figlio per la nostra salvezza e sempre ci sostieni con i doni del tuo Spirito, concedici comunità cristiane vive, ferventi e gioiose, che siano fonti di vita fraterna e suscitino fra i giovani il desiderio di consacrarsi a Te e all’evangelizzazione. Sostienile nel loro impegno di proporre una adeguata catechesi vocazionale e cammini di speciale consacrazione. Dona sapienza per il necessario discernimento vocazionale, così che in tutto risplenda la grandezza del tuo amore misericordioso. Maria, Madre ed educatrice di Gesù, interceda per ogni comunità cristiana, affinché, resa feconda dallo Spirito Santo, sia fonte di genuine vocazioni al servizio del popolo santo di Dio.




La vocazione

Che cosa s'intende per «vocazione»? Oggi sembra che per qualsiasi cosa ci sia una vocazione: vocazione alla vita, vocazione al battesimo, vocazione al matrimonio, vocazione a svolgere un determinato lavoro o una attività di volontariato, e così via. Si tratta di un uso linguistico impostosi nelle lingue germaniche in seguito alla Riforma protestante, per cui Beruf in tedesco designa tanto la professione, quanto la vocazione (e su questo, com'è noto, ha prodotto riflessioni di grande importanza Max Weber). Ci sono quindi ragioni serie che giustificano questo uso ma, a mio avviso, parlare da luterani vivendo nella chiesa cattolica non aiuta a chiarire le idee.

In ambito cattolico, il termine vocazione è stato generalmente riservato alle cosiddette vocazioni di speciale consacrazione. Ciò che è caratteristico della vocazione tradizionalmente (e biblicamente) intesa è una chiamata a uscire dal «mondo» per entrare in una relazione specifica con Dio, cioè esattamente quella relazione che prevede il distacco dal mondo. Si obietterà che questa è la condizione del battezzato come tale, in quanto è la fede che «demondanizza», e che pertanto la vocazione cristiana è fondamentalmente quella battesimale.  Tuttavia, storicamente l'uscita dal mondo derivante dalla fede ha dato luogo a stati di vita (battesimale) diversi.

La differenza fondamentale consiste nel fatto che il battesimo non cambia esternamente la vita della persona battezzata, che può essere in tutto simile a quella dei non battezzati (cfr. Lettera a Diogneto), mentre la vocazione in senso stretto ha come conseguenza un cambiamento di stato di vita: si lascia quello che si ha (casa, famiglia, lavoro, conto in banca, progetti per le vacanze, ecc.) e ci si mette in cammino. Verso dove? Innanzitutto verso il deserto, cioè verso una solitudine celibataria e verginale, abitata solo da Gesù Cristo. Successivamente e generalmente anche verso una comunità di persone che hanno la medesima vocazione e che ti sono donate come la tua nuova famiglia.

Come nasce una vocazione così concepita? Non c'è che una risposta: da una vera, forte esperienza di rapporto con Gesù Cristo, la quale naturalmente può essere vissuta in molti modi diversi, tanti quante sono le storie e le psicologie degli uomini.

Come si fa a riconoscere che si tratta proprio di vocazione in senso stretto? Non esiste, credo, una sintomatologia infallibile e le illusioni sono non meno frequenti e rischiose dei misconoscimenti. Di certo, la vocazione non ha a che fare col fervore religioso e con la devozione, che sono esperienze superficiali e temporanee. Ha a che fare con lo strato più profondo della persona. Spesso la difficoltà di riconoscere la vocazione coincide con la difficoltà di conoscersi in profondità e di sapersi liberare da una serie di condizionamenti, il più tenace dei quali in genere è quello che deriva dalla nostra presunta ricchezza materiale e ancor più morale e spirituale. Ma  la grazia di Dio sa essere sapientemente demolitrice, quando è effettivamente all'opera.

Quindi lasciamoci guidare dallo Spirito Santo, senza paure, fidiamoci pienamente di Lui!


Novena a san Michele arcangelo

Dal 28 aprile al 7 maggio



(Indulgenza parziale quotidiana e plenaria alla fine)

O Dio, vieni a salvarmi. Signore, vieni presto in mio aiuto.

Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo. Com’era nel principio, e ora e sempre nei secoli dei secoli. Amen.

INNO

Te, o splendore e virtù del Padre, Te, o Gesù, vita dei cuori, noi lodiamo fra gli Angeli che pendono dal labbro tuo. Sotto di Te una schiera forte di migliaia di duci milita, ma in segno di salvezza, Michele vittorioso spiega la Croce. Egli spinge il fiero capo del dragone nei profondi abissi, e il duce con i ribelli dalla rocca celeste fulmina. Contro il capo della superbia seguiamo questo Principe, affinché dal trono dell’Agnello ci sia data la corona di gloria. A Dio, Padre sia gloria, che Colui che redense il Figlio e lo Spirito Santo unse, li custodisce per mezzo degli Angeli. Così sia. Al cospetto degli Angeli canterò a Te, Dio mio. Ti adorerò nel tempio Santo tuo e loderò il Nome tuo. PREGHIAMO: Concedi, Onnipotente Dio, che col patrocinio di San Michele Arcangelo, camminiamo sempre verso il cielo e siamo aiutati nel cielo dalle preghiere di Colui del quale in terra predichiamo la gloria. Per Cristo nostro Signore. Così sia.

PRIMA GRAZIA Ti domandiamo, o Arcangelo San Michele, insieme col Principe del primo Coro dei Serafini, che Tu voglia accendere il nostro cuore con le fiamme del santo amore e che per mezzo tuo possiamo spregiare i lusinghieri inganni dei piaceri del mondo. Pater, 3 ave. San Michele Arcangelo difendici nel combattimento affinché non periamo nel giudizio finale.

SECONDA GRAZIA Ti chiediamo umilmente, o Principe della celeste Gerusalemme, insieme col Capo dei Cherubini, che ti ricordi di noi, specialmente quando saremo assaliti dalle suggestioni del nemico infernale, così col tuo aiuto, divenuti vincitori di satana, facciamo di noi stessi un intero olocausto a Dio nostro Signore. Pater, 3 ave. San Michele Arcangelo difendici nel combattimento affinché non periamo nel giudizio finale.

TERZA GRAZIA Devotamente ti supplichiamo, o invitto Campione del Paradiso, che insieme con Principe del terzo Coro, cioè dei Troni, non permetti che noi, tuoi fedeli, siamo oppressi degli spiriti infernali, né da infermità. Pater, 3 ave. San Michele Arcangelo difendici nel combattimento affinché non periamo nel giudizio finale.

QUARTA GRAZIA Umilmente in terra prostrati Ti preghiamo, o nostro primo ministro della Corte dell’Empireo, che insieme col Principe del quarto Coro, cioè delle Dominazioni, difendi il Cristianesimo, in ogni sua necessità, ed in particolare il Sommo Pontefice, aumentandolo di felicità e grazia in questa vita e gloria nell’altra. Pater, 3 ave. San Michele Arcangelo difendici nel combattimento affinché non periamo nel giudizio finale.

QUINTA GRAZIA Ti preghiamo, o santo Arcangelo, che insieme col Principe del quinto Coro, cioè delle Virtù, Tu voglia liberare noi tuoi servi, dalle mani dei nostri nemici sia occulti come palesi; liberaci da falsi testimoni, libera dalle discordie questa Nazione ed in particolare questa città da fame, peste e guerra; liberaci anche da folgori, tuoni, terremoti e tempeste, cose che il drago dell’Inferno è solito provocare a nostro danno. Pater, 3 ave. San Michele Arcangelo difendici nel combattimento affinché non periamo nel giudizio finale.

SESTA GRAZIA Ti scongiuriamo, o Conduttore delle Angeliche squadre, e ti preghiamo insieme col Principe, che tiene il primo luogo fra le Potestà le quali costituiscono il sesto Coro, anche tu voglia provvedere alle necessità di noi tuoi servi, di questa Nazione, ed in particolare, di questa città, con il dare alla terra la fecondità desiderata e la pace e la concordia tra i governanti cristiani. Pater, 3 ave. San Michele Arcangelo difendici nel combattimento affinché non periamo nel giudizio finale.

SETTIMA GRAZIA Ti chiediamo, o Principe degli Angeli Michele, che insieme col capo dei Principati del settimo Coro, Tu voglia liberare noi tuoi servi e tutta questa Nazione ed in particolare questa città dalle infermità fisiche e molto più da quelle spirituali. Pater, 3 ave. San Michele Arcangelo difendici nel combattimento affinché non periamo nel giudizio finale.

OTTAVA GRAZIA Ti supplichiamo, o Santo Arcangelo, che insieme col Principe degli Arcangeli dell’ottavo Coro e con tutti i nove Cori, Tu abbia cura di noi in questa vita presente e nell’ora della nostra agonia e quando saremo per esalare l’anima, così, sotto la tua protezione, rimanendo vincitori di satana, giungiamo a godere la divina Bontà con Te, nel Santo Paradiso. Pater, 3 ave. San Michele Arcangelo difendici nel combattimento affinché non periamo nel giudizio finale.

NONA GRAZIA Ti preghiamo finalmente, o gloriosissimo Principe e difensore della Chiesa militante e trionfante, che Tu voglia, in compagnia del capo degli Angeli del nono Coro, custodire e patrocinare i tuoi devoti e noi con tutti i nostri familiari e tutti quelli che si sono raccomandati alle nostre preghiere, affinché con la tua protezione, vivendo in modo santo, possiamo godere Dio insieme con Te e tutti gli Angeli per tutti i secoli dei secoli. Così sia. Pater, 3 ave. San Michele Arcangelo difendici nel combattimento affinché non periamo nel giudizio finale.

Un Padre Nostro a San Michele, uno a San Gabriele, uno a San Raffaele e uno al nostro Angelo Custode.

Prega per noi, beatissimo Michele, principe di Dio. Affinché siamo fatti degni delle promesse di Cristo.

PREGHIAMO Onnipotente ed Eterno Dio, che nella tua somma bontà assegnasti in modo mirabile l’Arcangelo Michele come gloriosissimo Principe della Chiesa per la salvezza degli uomini, concedi che con il suo salvifico aiuto meritiamo di essere efficacemente difesi di fronte a tutti i nemici in modo che, al momento della nostra morte, possiamo essere liberati dal peccato e presentarci alla tua eccelsa beatissima Maestà. Per Cristo Nostro Signore. Amen.

domenica 3 aprile 2016

Film completo di Santa Faustina

Link delle suore della Divina Misericordia

Link delle suore della Divina Misericordia

https://www.faustyna.pl/zmbm/it/festa-della-divina-misericordia/










Domenica della Divina Misericordia

Domenica della Divina Misericordia


"Desidero che la prima domenica dopo Pasqua sia la Festa della Mia Misericordia. Figlia Mia, parla a tutto il mondo della Mia incommensurabile Misericordia! L'Anima che in quel giorno si sarà confessata e comunicata, otterrà piena remissione di colpe e castighi. Desidero che questa Festa si celebri solennemente in tutta la Chiesa." (Gesù a S. Faustina)



E' la più importante di tutte le forme di devozione alla Divina Misericordia. Gesù parlò per la prima volta del desiderio di istituire questa festa a suor Faustina a Płock nel 1931, quando le trasmetteva la sua volontà per quanto riguardava il quadro: "Io desidero che vi sia una festa della Misericordia. Voglio che l'immagine, che dipingerai con il pennello, venga solennemente benedetta nella prima domenica dopo Pasqua; questa domenica deve essere la festa della Misericordia". Negli anni successivi - secondo gli studi di don I. Rozycki - Gesù è ritornato a fare questa richiesta addirittura in 14 apparizioni definendo con precisione il giorno della festa nel calendario liturgico della Chiesa, la causa e lo scopo della sua istituzione, il modo di prepararla e di celebrarla come pure le grazie ad essa legate.
La scelta della prima domenica dopo Pasqua ha un suo profondo senso teologico: indica lo stretto legame tra il mistero pasquale della Redenzione e la festa della Misericordia, cosa che ha notato anche suor Faustina: "Ora vedo che l'opera della Redenzione è collegata con l'opera della Misericordia richiesta dal Signore". Questo legame è sottolineato ulteriormente dalla novena che precede la festa e che inizia il Venerdì Santo.
Gesù ha spiegato la ragione per cui ha chiesto l'istituzione della festa: "Le anime periscono, nonostante la Mia dolorosa Passione (...). Se non adoreranno la Mia misericordia, periranno per sempre".
La preparazione alla festa deve essere una novena, che consiste nella recita, cominciando dal Venerdì Santo, della coroncina alla Divina Misericordia. Questa novena è stata desiderata da Gesù ed Egli ha detto a proposito di essa che "elargirà grazie di ogni genere".
Per quanto riguarda il modo di celebrare la festa Gesù ha espresso due desideri:
- che il quadro della Misericordia sia quel giorno solennemente benedetto e pubblicamente, cioè liturgicamente, venerato;
- che i sacerdoti parlino alle anime di questa grande e insondabile misericordia Divina e in tal modo risveglino nei fedeli la fiducia.
"Sì, - ha detto Gesù - la prima domenica dopo Pasqua è la festa della Misericordia, ma deve esserci anche l'azione ed esigo il culto della Mia misericordia con la solenne celebrazione di questa festa e col culto all'immagine che è stata dipinta".
La grandezza di questa festa è dimostrata dalle promesse:
- "In quel giorno, chi si accosterà alla sorgente della vita questi conseguirà la remissione totale delle colpe e delle pene" - ha detto Gesù. Una particolare grazia è legata alla Comunione ricevuta quel giorno in modo degno: "la remissione totale delle colpe e castighi". Questa grazia - spiega don I. Rozycki - "è qualcosa di decisamente più grande che la indulgenza plenaria. Quest'ultima consiste infatti solo nel rimettere le pene temporali, meritate per i peccati commessi (...). E' essenzialmente più grande anche delle grazie dei sei sacramenti, tranne il sacramento del battesimo, poiché‚ la remissione delle colpe e dei castighi è solo una grazia sacramentale del santo battesimo. Invece nelle promesse riportate Cristo ha legato la remissione dei peccati e dei castighi con la Comunione ricevuta nella festa della Misericordia, ossia da questo punto di vista l'ha innalzata al rango di "secondo battesimo". E' chiaro che la Comunione ricevuta nella festa della Misericordia deve essere non solo degna, ma anche adempiere alle fondamentali esigenze della devozione alla Divina Misericordia". La comunione deve essere ricevuta il giorno della festa della Misericordia, invece la confessione - come dice don I. Rozycki - può essere fatta prima (anche qualche giorno). L'importante è non avere alcun peccato.
Gesù non ha limitato la sua generosità solo a questa, anche se eccezionale, grazia. Infatti ha detto che "riverserà tutto un mare di grazie sulle anime che si avvicinano alla sorgente della Mia misericordia", poiché‚ "in quel giorno sono aperti tutti i canali attraverso i quali scorrono le grazie divine. Nessuna anima abbia paura di accostarsi a Me anche se i suoi peccati fossero come lo scarlatto". Don I. Rozycki scrive che una incomparabile grandezza delle grazie legate a questa festa si manifesta in tre modi:
- tutte le persone, anche quelle che prima non nutrivano devozione alla Divina Misericordia e persino i peccatori che solo quel giorno si convertissero, possono partecipare alle grazie che Gesù ha preparato per la festa;
- Gesù vuole in quel giorno regalare agli uomini non solo le grazie salvificanti, ma anche benefici terreni - sia alle singole persone sia ad intere comunità;
- tutte le grazie e benefici sono in quel giorno accessibili per tutti, a patto che siano chieste con grande fiducia.
Questa grande ricchezza di grazie e benefici non è stata da Cristo legata ad alcuna altra forma di devozione alla Divina Misericordia.
Numerosi sono stati gli sforzi di don M. Sopocko affinché‚ questa festa fosse istituita nella Chiesa. Egli non ne ha vissuto però l'introduzione. Dieci anni dopo la sua morte, il card. Franciszek Macharski con la Lettera Pastorale per la Quaresima (1985) ha introdotto la festa nella diocesi di Cracovia e seguendo il suo esempio, negli anni successivi, lo hanno fatto i vescovi di altre diocesi in Polonia.
Il culto della Divina Misericordia nella prima domenica dopo Pasqua nel santuario di Cracovia - Lagiewniki era già presente nel 1944. La partecipazione alle funzioni era così numerosa che la Congregazione ha ottenuto l'indulgenza plenaria, concessa nel 1951 per sette anni dal card. Adam Sapieha. Dalle pagine del Diario sappiamo che suor Faustina fu la prima a celebrare individualmente questa festa, con il permesso del confessore.


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venerdì 1 aprile 2016

I Doni dello Spirito Santo

I doni dello Spirito Santo sono tradizionalmente sette perchè sette è uno dei numeri simbolici della Bibbia che rappresenta molte cose, ma essendo essi un regalo che Dio ci fa possono essere infiniti.…

Consiglio
Il dono del consiglio ci aiuta a scoprire il progetto d’amore che Dio ha su di noi e la strada giusta per realizzarlo. Questo dono agisce in noi in due modi: ci fa diventare consiglieri per gli altri, in particolare rendendoci in grado di trasmettere le nostre esperienze di fede, ma ci fa anche riconoscere bisognosi di consigli nelle quotidiane scelte che la vita ci mette davanti, ovviamente attraverso la preghiera.

Fortezza
È il dono del coraggio, della costanza, della tenacia: uno scrittore dei primi secoli del Cristianesimo paragonava lo Spirito Santo all’allenatore e l’allenatore, si sa, prepara alla fatica. Anche questo dono ha due dimensioni, quella passiva ci aiuta a resistere agli attacchi del male, mentre quella attiva è la forza d’attacco per vincere il male con il bene. Alcuni ideali propostici dal Vangelo sembrano irraggiungibili, per questo se vogliamo davvero viverli, dobbiamo essere umili e chiedere l’aiuto dello Spirito Santo tramite il dono della Fortezza.

Intelletto
Il dono dell’Intelletto ci aiuta a non essere superficiali, ma ad arrivare al cuore delle cose. Questo dono può agire in diversi modi:può darci la capacità di conoscere noi stessi e affrontare coscientemente ciò che in noi non va, oppure di conoscere e capire a fondo gli altri, ma può essere anche l’intelligenza spirituale per leggere la Bibbia fra le righe e ricavarne un nutrimento di vita. E’ il dono della “profondità” contro la “superficialità”, dell’”essere” contro l’”apparire”…

Pietà
Il nome di questo dono non ha nulla a che fare con il senso negativo che gli attribuiamo noi oggi ma è strettamente legato al termine latino “pietas”, l’amore famigliare tra i genitori e i figli.
La Pietà è il dono che ci aiuta a credere sul serio che Dio è Padre e ci ama, ci dà forza, pace e gioia. Il dono della Pietà porta a fidarci di Dio con lo stesso abbandono di un bambino che si sente sicuro tra le braccia di papà e mamma anche quando è sospeso sul vuoto.



Sapienza
La Sapienza è il dono che ci concede il gusto della conoscenza del creato e quindi del suo Creatore, Dio, per conoscerlo e amarlo. Essa ci aiuta soprattutto a saper distinguere il bene dal male. La Sapienza può nascere in noi solo come dono di Dio perchè ha Dio come origine e come fine: Dio ama me, io amo Dio. E’ questa una relazione che non nasce dalle nostre forze, ma che c’è stata regalata!

Scienza
Questo dono può essere espresso anche col termine “conoscenza” che nella Bibbia significa anche “amare”. Chi ama capisce meglio, capisce prima, capisce di più. Il dono della Scienza insegna ad amare una persona se la si vuole capire e anche Dio lo si comprende solo amandolo. Mentre nel nostro linguaggio “scienza” significa conoscenza umana di tipo tecnico, mediante la quale si arriva a dominare il mondo, nel linguaggio biblico “Scienza” è la capacità di conoscere il mondo, senza dominarlo, ma, al contrario, riconoscendo Dio come Creatore. Scienza dunque è la luce per vedere nelle cose e nelle persone la bellezza e la potenza di Dio, ma è anche la conoscenza che scaturisce dall’amore: il cuore che ama comprende più della mente. Il cuore si apre alla fiducia in Dio e accetta anche ciò che non si capisce (prove e dolore).

Timor di Dio
Il dono del Timore ci fa diventare consapevoli della grandezza di Dio, Egli è buono, ma è anche forte e potente. A lui si devono rispetto e ubbidienza: Dio non si può prendere in giro. Il Timor di Dio ci è donato anche per ricordarci che non possiamo fare sempre quello che ci pare e piace perchè non siamo noi i padroni del bene e del male, quindi non possiamo far diventare giusto ciò che è ingiusto, lecito ciò che è illecito. Timor di Dio non è affatto paura di Dio, ma è rispetto e stima verso di Lui, se ci può essere sfumatura di paura deve essere quella di perdere Dio o di offenderlo. Il Timor di Dio mira inoltre a ricordarci un dovere molto importante: il dovere di non dire stupidaggini su di Lui.


LA VIRTU' DELLA PAZIENZA

Quando tutto va per il meglio, è semplice essere pazienti. Il vero test sulla nostra pazienza, avviene quando i nostri diritti son violati, quando ad esempio una macchina ci taglia la strada, quando veniamo trattati ingiustamente, quando il nostro collega deride la nostra fede. Alcuni pensano che hanno tutto il diritto di perdere la pazienza quando vengono provocati. L’impazienza viene interpretata come una santa rabbia. Al contrario la Bibbia loda la pazienza come un frutto dello Spirito, (Galati 5:22), che dovrebbe far parte del carattere di ogni credente, (1 Tessalonicesi 5:14). La pazienza dimostra la nostra fede nell’onnipotenza, nell’amore e nei tempi di Dio.

Molti considerano la pazienza come un’aspettare passivo o come una tolleranza gentile. In realtà la parola greca per pazienza significa “ attivo” ed ha sfumature di significato molto forti. Considera per esempio Ebrei 12:1:” Consideriamo con perseveranza la gara che ci è proposta, fissando lo sguardo su Gesù, colui che crea la fede e la rende perfetta“. Si può correre una gara in maniera passiva? Ovviamente no! Dunque la parola “pazienza” significa “resistenza”. Un cristiano corre la gara pazientemente, perseverando attraverso le difficoltà. Nella Bibbia la pazienza non è altro che perseverare per raggiungere un obiettivo, attraversando le difficoltà o aspettando che una promessa venga mantenuta.

La pazienza non cresce in una notte. La Potenza di Dio è fondamentale per lo sviluppo della pazienza. In Colossesi 1:11 vi è scritto che Egli ci rinforza con grande resistenza e pazienza, mentre in Giacomo 1:3-4 siamo incoraggiati a ricordare che le difficoltà sono il suo modo per perfezionare la nostra pazienza. La nostra pazienza cresce e si rafforza, riposando in Dio, nella Sua volontà, nei Suoi tempi ed anche di fronte a persone malvage, che hanno successo nelle loro malvagità, (Giacomo 5:7-8). “Il Signore è buono a coloro che sperano in Lui, e a colui che lo cerca”, Lamentazioni 3:25.

Nella Bibbia vi sono molti esempi di persone che hanno avuto pazienza nel loro cammino con Dio. Giacomo ci indica i profeti, come un esempio di pazienza di fronte alle sofferenze, (Giacomo 5:11). Abramo aspettò pazientemente e ricevette ciò che gli era stato promesso, (Ebrei 6:15). Gesù ci mostra resistenza e pazienza, “Fissando lo sguardo su Gesù, colui che crea la fede e la rende perfetta. Per la gioia che gli era posta dinanzi egli sopportò la croce, disprezzando l’infamia, e si è seduto alla destra del trono di Dio”, Ebrei 12:2.

Dobbiamo ringraziare Cristo. Solitamente la nostra prima reazione è:” perchè io?”, ma la Bibbia ci esorta a gioire nella sua volontà, ( Filippesi 4:4, 1 Pietro 1:6). Inoltre dobbiamo comprendere i suoi scopi per noi. A volte ci mette in difficoltà, così che possiamo esserne testimoni. Altre volte permette sofferenze, per santificare il nostro carattere. Ricordandoci che la sofferenza è per la nostra crescita. In più dobbiamo anche ricordare la sua promessa in Romani 8:28, in cui ci vien detto che “tutte le cose cooperano per il bene di coloro che lo amano e che son stati chiamati secondo il suo scopo”. Tutte le cose comprende anche le difficoltà.

La prossima volta che sei bloccato nel traffico, che sei tradito da un amico, come risponderai? La risposta naturale sarebbe l’impazienza che porta allo stress, alla rabbia ed alla frustrazione. Loda Dio perchè in Lui siamo nuove creature, “ Se dunque uno è in Cristo egli è una nuova creatura; le cose vecchie son passate: ecco, son diventate nuove” (2 Corinzi 5:17). Abbiamo la sua Potenza che ci aiuterà a mettere in pratica la pazienza e a confidare in Lui. “ Vita eterna a quelli che con perseveranza nel fare il bene cercano gloria, onore e immortalità”, Romani 2:7.


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