Guarigione del cieco nato (Gv 9,1-41)
Nel prologo si dice che la Parola, vita di tutto ciò che esiste, è luce degli uomini. Gesù, Parola diventata carne, si manifesta come luce. Vita e luce sono intimamente connesse: venire alla luce significa nascere.
Si dice spesso che la fede è cieca, la fede cristiana e invece essenzialmente un “vedere”, non si tratta di avere visioni strane, ma semplicemente di aprire gli occhi sulla realtà.
Il testo inizia con un cieco che vede e termina con dei presunti vedenti che restano ciechi. E’ un cammino che porta il cieco alla conoscenza di Gesù , dapprima come “quell'uomo”, poi la sua conoscenza diventa più chiara e profonda: “è un profeta” (v.17), è da Dio (v. 33), è il Figlio dell’uomo, è il Signore che vede e adora (v. 35-38).
“E passando, vide”: in questo testo, Gesù sembra l’unico che ci vede, vede un cieco, uno che non conta niente, un’emarginato. L’iniziativa è di Gesù. Non è l’uomo che vede Dio, è Dio che vede l’uomo.
“un uomo cieco dalla nascita”: rappresenta l’umanità che non vede. Subito i discepoli intraprendono un discorso moralista, su chi ha peccato. La malattia associata con il peccato. Ma se è cieco dalla nascita, come ha fatto a peccare?
“Affinché si manifestino le opere di Dio”: il male di qualunque tipo non è mai l’ultima parola, spesso lì si manifestano le opere di Dio. Quali sono le opere di Dio?...Rimettere in piedi una persona, amare, dare una mano, sfamare….”Dobbiamo compiere le opere”…noi siamo chiamati a dargli una mano!
“sputò a terra, fece del fango”: il gesto richiama la creazione (Gen. 2,7). E’ una creazione nuova quella che Gesù compie con quest’uomo.
Dopo la discussione con i discepoli, Gesù passa all’opera. La sua azione è un libero dono che contrasta con la ben misurata legge.
Gesù non guarisce il cieco, gli da un’ordine. “va a lavarti alla piscina di Siloe” che significa inviato. Ora sta al cieco credere o meno alla sua Parola e obbedire, fidarsi. Il cieco obbedisce, ed è il caso di dirlo, ad occhi chiusi! Possiamo immaginare la reazione dell’uomo che adesso ci vede?
Il cieco adesso ci vede, è indipendente, è in piedi, non più costretto a mendicare: questo è lui adesso, questo è il suo presente.
Dopo la guarigione iniziano i guai, iniziano gli interrogatori, il primo fatto dai “vicini e conoscenti”. “come mai ti si sono aperti gli occhi?” Com’è possibile nascere di nuovo? L’ex cieco non ha verità da dichiarare, ha una novità evidente da dimostrare. Le sue risposte sono molto precise.
“Lo conducono dai farisei”, dai conoscitori e osservanti delle tradizioni. Loro dovrebbero essere quelli che sanno, che vedono…invece c’è divisione tra loro. Inizia una seconda tappa. I farisei partono dal loro punto di vista: era sabato!
L’ex cieco è chiamato a testimoniare in prima persona, è chiamato non più a riflettere sulla sua guarigione, ma su chi l’ha guarito!
Le resistenze che l’ex cieco incontra sono fuori o dentro di lui? – lo portano a scoprire la sua identità: diventa una persona libera di pensare senza pregiudizi, indipendente dalle pressioni altrui e capace di contraddire chi nega la realtà. E’ un uomo nuovo, che torna a rispecchiare il Volto di cui è immagine.
Dopo di lui, vengono chiamati in causa i genitori, che alla fine scaricano la responsabilità sul figlio, per paura dei Giudei. E’ la dura testimonianza che anche oggi siamo chiamati a dare: seguire Gesù non è facile, è essere cacciati fuori, è andare contro-corrente.
Siamo disposti ad assumere il rischio di una fede professata pubblicamente?
Alla fine, l’ex cieco mette in causa la loro sapienza e la loro autorità, con sarcasmo. Sembra che più vede, più acquista sicurezza e forza. Lui continua la sua coraggiosa testimonianza e rovescia le posizioni: “Proprio questo è strano….
Oggi come allora, le tenebre sono da individuare in quel sistema di omologazioni che ci impedisce di vivere la libertà di essere noi stessi.
“e lo espulsero fuori”….ed è fuori che Gesù va a incontrarlo di nuovo! L’emarginato va incontro all'emarginato, a colui che il sistema mette fuori.
“Tu l’hai visto: colui che parla con te è proprio Lui”: il vedere e l’ascoltare si trovano insieme.
La confessione nel v. 38 è la più semplice possibile: “io credo Signore” ed è accompagnata da un gesto senza precedenti in questo vangelo:“gli si prostrò innanzi”
Non è la guarigione fisica che è al centro della storia, ma la nuova luce che permette all’uomo di vedere al di là delle censure della sua educazione e della sua cultura, per comprendere sia l’assurdità della sua società, sia la grandezza della misericordia di Dio che agisce per mezzo dei “peccatori”. L’umanità, nata nella cecità per ragioni che non conosciamo, è capace di imparare a vedere e di essere mandata a dare testimonianza dell’Amore di Dio. Ma c’è un prezzo da pagare!
Siamo forse ciechi anche noi? Che immagine abbiamo di Dio e di noi stessi?
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